Oggi don Domenico avrebbe compiuto 100 anni. Ci piace cogliere l’occasione per ricordarlo. Non si tratta però, come successo in altri articoli già pubblicati, di un personaggio che si colloca nel passato ormai remoto. Il ricordo del parroco storico di San Michele (resse la parrocchia per ben 61 anni), o più semplicemente “il Curato”, è ancora vivo nella maggior parte dei sanmichelesi. Per questo motivo, più che una biografia approfondita ricostruita da chissà quali archivi, vorremmo semplicemente riportare una sintetica cronologia, qualche spunto e alcune foto significative. Chiediamo poi proprio ai nostri compaesani di arricchire il racconto con le loro memorie, usando lo strumenti dei “commenti”, in fondo a questa pagina.
- 16 novembre 1912
A Mondavio, in una casa della contrada di Santa Maria della Quercia – dove la famiglia di Marco Marini e Leonilde Cardellini, proveniente da San Giorgio, si è stabilita da poco più di un anno – viene alla luce un bimbo: un fratellino – il primo – per la ormai quasi tredicenne Maria. - 17 novembre 1912
Il piccolo viene battezzato da don Giovanni Carboni, parroco di Mondavio. Gli vengono imposti i nomi di Domenico, Luigi, Gregorio. - 9 gennaio 1920
Disgrazia in famiglia. Il babbo Marco, più volte emigrato in America già fin dal 1907, perde la vita in un ospedale di New York, a soli 48 anni. - 22 gennaio 1922
E’ il giorno dell’ingresso di don Attilio Betti nella nuova parrocchia di San Michele al Fiume. Domenico è tra i bambini che proprio in quel giorno di festa ricevono il sacramento della Cresima, per le mani del vescovo Giustino Sanchini.
- 24 (o 26) ottobre 1922
Per proseguire gli studi Domenico si trasferisce a Fano, dove entra nel Seminario Vescovile. Confermando la sua scelta, negli anni successivi continua la strada verso il Sacerdozio, passando al Seminario Regionale (all’epoca con sede sempre a Fano). Nel contempo si occupa di importanti attività anche nella sua Mondavio, dove aiuta don Alberto nella sistemazione dell’archivio parrocchiale (1932-1933). Ma soprattutto nella parrocchia natale ha l’opportunità di maturare le sue doti musicali e il gusto per la solennità liturgica, grazie alla presenza della Schola Cantorum affidata al maestro don Igino Tonelli, di cui Domenico (prima da chierico, e poi da sacerdote) diventa fedele e prezioso collaboratore.
- 15 ottobre 1933
Presso la chiesa del Seminario Regionale viene ordinato “Esorcista” e “Accolito”, due degli “ordini minori“, all’epoca piccole tappe verso il sacerdozio [niente a che vedere con l’esorcista del famoso film!].
- 14 ottobre 1934
Promosso al “Suddiaconato”. - 21 febbraio 1935
Consegue, sempre presso il Seminario Regionale, il diploma di prima classe nel corso speciale sull’arte della musica (Specialis Musicae Artis Cursus). - 20 aprile 1935
Ordinazione al “Diaconato”. - 1 settembre 1935
Don Domenico riceve l’Ordine del Sacerdozio, dal vescovo di Fano Giustino Sanchini.
- 18 ottobre 1935
Viene nominato viceparroco di Cavallara e parroco di San Liberio (che all’epoca era una “Vicarìa Curata” affidata al parroco pro-tempore di Cavallara). - 1 aprile 1936
Nomina a parroco di Cavallara. - 1 gennaio 1937
E’ la data della bolla vescovile, firmata di nuovo da Giustino Sanchini, con cui don Domenico viene nominato parroco di San Michele al Fiume, succedendo a don Attilio Betti, a cui è stata affidata la parrocchia di San Silvestro a Fano.
Qui don Domenico rimarrà per lunghi decenni, fino alla morte, vedendo crescere e formando tante generazioni di sanmichelesi.
- 23 febbraio 1941
Don Costanzo Micci, appena ordinato sacerdote, celebra la sua prima messa a San Michele. E’ il primo prete sanmichelese. Don Domenico tiene molto a questo evento, come sarà sempre particolarmente orgoglioso delle vocazioni sacerdotali sbocciate tra i suoi ragazzi.
- 8 dicembre 1945
Solenne giornata conclusiva del “congresso mariano” per l’inaugurazione del quadro della “Regina Pacis”, frutto di un voto fatto dal “Curato” e dai parrocchiani durante la guerra, e commissionato al pittore Biagio Biagetti. La nostra chiesa diventa così un santuario mariano (cosa che però avviene ufficialmente solo il 4/10/1967).
- 14 giugno 1959
Mons. Costanzo Micci, diventato vescovo, celebra a San Michele il suo primo pontificale. Don Domenico mette in piedi una festa grandiosa! - 11 settembre 1960
«Solenni celebrazioni alla “Regina Pacis” nel Giubileo Sacerdotale del Parroco». Vengono festeggiati i 25 anni di sacerdozio di don Domenico.
- 13 giugno 1978
Il papa Paolo VI concede a don Domenico il titolo di “monsignore”. Ma il suo temperamento mite, schivo e modesto mal sopporterà questo appellativo. Don Domenico rimane ancora per tutti “il Curato”. - 1985
Contestualmente a lavori di restauro della chiesa e alla ricostruzione del campanile, vengono acquistate due campane nuove. Su una di queste è inciso il nome di don Domenico Marini. La scritta ricorda anche il suo 50° di sacerdozio.
- 4 ottobre 1987
Celebrazione con gli ex-viceparroci e i sacerdoti originari di San Michele, a conclusione di una “settimana mariana di predicazione”, in occasione dei festeggiamenti per il 52° di Sacerdozio e il 50° di presenza a San Michele. Il regalo dei parrocchiani è un moderno e grande organo elettronico, deputato a prendere il posto dell’Armonium, più piccolo, semplice ma che si continua a tenere da conto perché don Domenico ci si trova più a suo agio (e poi funziona anche senza corrente elettrica!). - 30 novembre 1998
Dopo 61 anni, la reggenza della parrocchia passa a un sacerdote più giovane: don Stefano “Memo” Maltempi. E’ una vecchia conoscenza, in quanto uno dei cappellani/viceparroci che coaudiuvò don Domenico negli anni precedenti. Il Curato rimane comunque a San Michele, continuando a celebrare messa, suonare l’organo, cantare con solennità quando necessario, e curare le anime.
- 24 aprile 2001
Nel pomeriggio Memo nota qualcosa di strano in chiesa: le candele non sono come al solito tutte precisamente riposizionate in ordine di altezza dalle mani di don Domenico. Va a controllare in camera e lo trova disteso a letto… in un sonnellino pomeridiano che si è tramutato in definitivo. Forse il modo più pacifico e leggero di “rendere l’anima a Dio”.
Come per il titolo di Monsignore, forse don Domenico si sarebbe trovato un po’ in imbarazzo anche per una commemorazione con tanto di cronologia puntuale e personale come questa. E’ però un buon modo per ricordare non solo un episodio ma in qualche maniera tutta la sua vita, e allo stesso tempo anche la nostra storia, trattandosi di un personaggio così tanto legato al paese. Ora chiedo a tutti voi lettori di dare il vostro contributo, aggiungendo qui sotto, nei commenti, racconti dei tanti episodi tralasciati o sui quali si è solamente sorvolato.
Mah….è difficile lasciare commenti ad un articolo così puntuale e preciso e soprattutto così commovente (almeno per me) anche se io l’ho conosciuto relativamente poco e solo nei suoi ultimi vent’anni. In ogni caso c’è un episodio che ricordo sempre con un sorriso. Non ricordo precisamente l’anno ma penso che più o meno successe intorno agli anni ’90. Come quasi tutte le sere noi ragazzi della parrocchia eravamo tutti sul piazzale della chiesa e quella sera si doveva decidere la meta per passare il giorno di ferragosto e si era accesa un’animata discussione e il gruppo si era diviso in 2 opposte fazioni che non avevano nessuna intenzione di cedere terreno alla fazione “nemica”. Una parte del gruppo sosteneva che saremmo dovuti andare a mi sembra val piana, comunque vicino a fonte avellana; mentre un’altra fazione sosteneva con lo stesso impeto che la meta dovesse essere monte cucco di perugia. Insomma al culmine della discussione passa “don don” di ritorno dalla sua partita a scopone e tutti concordi pensammo che non ci potesse essere miglior arbitro per la nostra diatriba. Allora ci avvicinammo e chiedemmo “scusi don Domenico lei cosa ci consiglia di andare a val piana o a monte cucco?”, e lui allargando le braccia rispose “ma è naturale, monte cucco è molto meglio”!
Un particolare: a Don Domenico piaceva giocare a scopone. (anni 60) Dopo pranzo era abitudine a molti sanmichelesi di andare al bar d Anglin, lo scopone scientifico era il gioco a carte più preferito. I “tavlin” tutti occupati, si giocava chiassosamente.
Anche il curato, claudicante, arrivava puntuale per fare una partita. Si giocava con allegria, gli sfottò non mancavano, si rideva, si scherzava ma sempre con un linguaggio educato ,anche per la presenza del curato