Nel 1922 la antica chiesetta di San Michele, da periferica che era, divenne parrocchiale, acquistando una certa importanza. Ma era vecchia, piccola, cadente… brutta! Sì, ai parrocchiani proprio non piaceva la loro chiesa. Poi nel 1933 – 80 anni fa – venne finalmente aperto un nuovo tempio. Grande, moderno… bello! Proviamo a ripercorrere questo pezzo di storia…
Iniziamo dalla fine: la nuova chiesa di San Michele venne aperta l’8 giugno 1933. Ma allora perché questo articolo che ricorda l’80° anniversario esce oggi 13 giugno!? Semplice: perché tutte le volte che negli anni a venire si è ricordato questo evento, è sempre stata citata quest’ultima data. Eppure i documenti dell’epoca parlano chiaro! Quindi ora sappiamo tutti che la data giusta è l’8, ma l’articolo è comunque uscito oggi perché prima… non si faceva in tempo!!
Nel territorio di San Michele, una chiesetta, lungo la strada che da Senigallia conduceva a Pergola, c’era dalla… notte dei tempi. Era piccolina, intitolata a San Michele Arcangelo e, anche quando intorno non c’era ancora nessuna casa, serviva le famiglie che abitavano in questa zona di campagna della parrocchia di Mondavio, con un cappellano che, dal capoluogo, scendeva a valle per celebrare.
Poi a un certo punto, dopo la costruzione della Fornace, si iniziò a formare una discreta borgata, tanto che di lì a poco si arrivò ad ottenere l’istituzione di una parrocchia autonoma (1922). E la chiesa parrocchiale era proprio quella lì, antica e piccola, lungo la strada; grossomodo dove si trova quella attuale, anche se nell’altro verso: parallela alla via.
Sarà stata oggettivamente troppo piccola e inadeguata per fungere da sede parrocchiale. Sarà stata cadente, forse pure di poco valore artistico. Sarà anche che in quell’epoca l’attenzione e la preservazione delle antichità erano gli ultimi dei pensieri. Ma sembra quasi che l’esigenza di qualcosa di nuovo e di migliore fosse così forte da identificarsi in un autentico disprezzo nei confronti di ciò che c’era già. E’ ciò che si percepisce ad esempio leggendo questa “corrispondenza” che venne pubblicata su “Il Metauro” – settimanale cattolico di Fano – il 12 febbraio 1926: “Il grido di dolore – Non poteva mancare anche questa volta l’invocazione accorata per la costruzione di una nuova Chiesa, non dovendosi l’attuale chiamare con questo nome“.
Ma per costruire effettivamente qualcosa di nuovo si era fatto qualche passo concreto già dal 1925. Si legge sempre ne “Il Metauro” (del 16 ottobre 1925) che era stato realizzato un progetto di massima dall’architetto Gramolini di Fano e che questo disegno venne esposto in fondo alla chiesetta di San Michele, per lasciarlo ammirare a tutti i paesani, insieme a questo avviso:
«Fedeli, entrando in questa chiesa, non è chi non veda lo stato deplorevole in cui è ridotta.
Per la gloria di Dio, per l’onore del popolo cristiano è necessario assolutamente intraprendere dalle fondamenta la costruzione di una nuova chiesa più ampia, più bella. Coll’aiuto di Dio, colla buona volontà e concordia di tutti, tale desiderio diverrà realtà.
Fedeli, date generosi il vostro obolo che andrà a suffragio dei vostri morti.
Le offerte da L. 5 saranno inscritte in un libro speciale e quelle da L. 100 saranno ricordate in tavole di marmo».
Il vescovo Giustino Sanchini approvò il disegno, dando appoggio al parroco (don Attilio Betti) e ai sanmichelesi che si adoperavano per la causa. Vennero stampate anche delle cartoline con la rappresentazione della chiesa da costruirsi, per stimolare le offerte per la raccolta dei fondi. Ma… non fu questo il progetto che sarebbe andato in porto, come appare evidente dall’immagine che non ha nulla a che vedere con la chiesa attuale:
Non sembra che si riuscirono a mettere in atto altri passi concreti per la realizzazione di questo progetto, o perlomeno i documenti che si è riusciti a raccogliere non proseguono a parlarne oltre i primi mesi del ’26: ci si ferma a quegli appelli sul giornale.
A questo punto diamo uno sguardo su cosa stava accadendo nel frattempo nella storia nazionale: si stava entrando appieno nell’epoca della dittatura fascista e anche i rapporti tra Stato e Chiesa arrivarono ad una svolta, con i famosi Patti Lateranensi, sottoscritti l’11 febbraio 1929. E’ interessante soprattutto vederne la parte denominata “Convenzione Finanziaria“: in questa si stipula il versamento di cifre di denaro molto molto consistenti dallo Stato Italiano alla Chiesa, come risarcimento per i danni subiti dallo Stato Pontificio in seguito alla fine del potere temporale. 750 milioni di lire, più un miliardo di lire in titoli di Stato. Un miliardo di lire del 1929 equivalgono all’incirca a 830 milioni di euro attuali. Se negli anni successivi il papa Pio XI finanziò (anzi, in genere si usa l’espressione “fu munifico…”) la costruzione di tanti nuovi edifici per il culto, fu probabilmente anche grazie a questa importante entrata!
Tornando a San Michele al Fiume e alla storia della edificazione della nuova chiesa, è di nuovo un giornale a dar notizia di un altro passo chiave: la posa della prima pietra! In un articolo su “L’Avvenire d’Italia” (del 21 maggio 1930) si dice che avvenne l’11 maggio 1930, con un rito solenne e indimenticabile, e la benedizione da parte del vescovo Sanchini. Assieme alla pietra, venne “immessa nel loculo adatto”, dopo averla “racchiusa in un astuccio di piombo” anche una pergamena con su scritta una “epigrafe commemorativa […] dettata dal prof. Barbisetti di Fano, firmata dalle autorità presenti” (dunque questa pergamena sarà ancora sepolta lì sotto da qualche parte!!).
Nei giornalini parrocchiali dove si racconta di questa vicenda, viene detto che i lavori di scavo delle fondamenta iniziarono nel 1928. Forse qualcosa… ma, da una lettera che don Giovanni Carboni, parroco di Mondavio, inviò al Vicario del Vescovo il 27 febbraio 1930, si capisce chiaramente che l’opera vera e propria era appena iniziata: “Ho saputo come siano state prese le misure per la costruzione della nuova chiesa Parrocchiale di S. Michele, e che il terreno su cui sorgerà il fabbricato si prenda dal podere di questa Parrocchia”. Il nuovo tempio di San Michele sarebbe stato costruito proprio su una parte di un terreno che era di proprietà della parrocchia di Mondavio. L’arciprete di Mondavio all’epoca si sostentava grazie anche al lavoro dei mezzadri che coltivavano questo podere a ridosso della antica chiesetta dedicata all’arcangelo: era la famiglia Piersanti.
Il 30 ottobre 1930 la terra tremò, con epicentro nei pressi di Senigallia; magnitudo 6 della scala Richter; 18 vittime. I danni maggiori furono registrati proprio a Senigallia, ma anche nei centri vicini, con crolli ed edifici lesionati.
Fu questo tragico evento a determinare l’ultimo passo verso la costruzione della nostra nuova chiesa! Grazie alla munificenza del Papa Pio XI arrivarono fondi per sistemazione, ricostruzione e costruzione di chiese e strutture parrocchiali a beneficio della diocesi di Fano, oltre che ovviamente di quella di Senigallia. E Pio XI aveva il suo uomo di fiducia…
Spirito Maria Chiappetta era nato il 22 maggio 1868 a Milano, da una famiglia molto religiosa (come si può intuire dal nome di battesimo). Laureatosi in ingegneria a Padova nel 1894, lavorò principalmente su progetti di architettura sacra: “chiesette di campagna e santuari maestosi dalla verde Brianza alle falde del Vesuvio” (da “Fiamma del S. Cuore” – settembre ottobre 1948). Poi nel 1924 “per speciale concessione di S.S. Pio XI, poté accedere al Sacerdozio ed avere gioia di cantare Messe solenni nelle tante chiese da lui costruite” (dalla pubblicazione dei Gesuiti per i trent’anni di Villa Sacro Cuore a Triuggio, 1952). Il Papa lo chiamò dunque a Roma come architetto della Santa Sede, presso la Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia, di cui lo nominò anche presidente nel 1929. Sarebbe morto a Triuggio, ospite in una struttura da lui stesso costruita, il 1° luglio 1948.
Insomma fu proprio questo ingegnere e architetto dal nome strano (e diventato Monsignore a un certo punto all’improvviso senza passare nemmeno dal Seminario) a disegnare la nostra chiesa. Ed ebbe il suo bel da fare, perché dinamiche molto simili e praticamente in contemporanea avvennero nelle altre parrocchie a cui furono destinati i fondi concessi dal Papa.
Il disegno di Mons. Chiappetta fu messo in opera probabilmente dall’impresa del Cav. Boni (anche se in un articolo recente si parla della “ditta forlivese Abbondanza”), in quanto compare tra le personalità da ringraziare in un articolo di giornale dell’epoca e poiché risulta che sempre lui edificò la chiesa di San Cesario di Fano, “gemella” alla nostra. Di certo lavorarono anche maestranze locali e… si presume che i mattoni furono forniti dalla Fornace lì dietro!
La nuova costruzione è a tre navate, di stile neoromanico, o forse sarebbe meglio chiamarlo “stile Chiappetta”, i cui tratti distintivi fanno riconoscere molto chiaramente le altre chiese che furono edificate in quel periodo con i finanziamenti del Papa e il disegno del suo ingegnere di fiducia. Nella nostra diocesi con quei fondi vennero sistemate varie strutture e costruite cinque nuove chiese: San Michele; Santa Maria del Carmine (Fano); San Cesario (Carrara di Fano); San Pasquale (San Giorgio di Pesaro); San Liberio (Montemaggiore al Metauro).
In diocesi di Senigallia invece: Santa Maria della Pace; Santa Maria della Neve (Portone di Senigallia); San Giovanni Battista (Montignano di Senigallia) e San Michele Arcangelo (Prosano di Arcevia).
L’inaugurazione, con benedizione da parte di mons. vescovo Giustino Sanchini delle pareti esterne e poi – aperta la porta – anche dell’interno, si ebbe la sera di giovedì 8 giugno 1933. Come racconta un lungo articolo tratto da “La voce delle Marche” del 1° luglio ’33, i festeggiamenti durarono quattro giorni e culminarono nella messa solenne di domenica 11, celebrata non da mons. Sanchini, bensì da mons. Vincenzo Del Signore, vicario e che sarebbe diventato poi vescovo, succedendo al primo (per maggiori dettagli sul racconto dei festeggiamenti ma anche degli altri passaggi descritti sopra è possibile leggere la rassegna stampa che si allega a questo articolo).
E la vecchia chiesetta – tanto disprezzata dai parrocchiani travolti da questo spirito innovatore – che fine aveva fatto?? Essa fu parzialmente demolita per lasciar spazio al nuovo, ma non del tutto perché la recente costruzione non era dotata al momento di campanile e si sfruttò ancora per qualche anno quello antico. E’ molto indicativo che non sia stata fatta nessuna foto a memoria della chiesetta, e, anche quando poi si immortalò la nuova, sembra che l’attenzione principale fosse di includere il meno possibile del rudere, nelle inquadrature: il solito disprezzo per l’antico!
Una foto che testimoni come fossero gli interni all’epoca dell’inaugurazione non c’è, certamente anche per le difficoltà tecniche nel realizzare uno scatto con poca luce. Ci sono foto degli anni ’40, ma già molte cose erano cambiate, con l’avvento del quadro della Regina della Pace e la contemporanea decorazione delle pareti dell’abside, frutto di un voto fatto in tempo di guerra. Di certo erano originari la balaustra che circondava il presbiterio e l’altare rivolto verso il muro, dove il sacerdote celebrava dando le spalle all’assemblea, come usava all’epoca. Forse anche l’altare “del Sacro Cuore” – che si trovava nella navata sinistra dove adesso c’è il tabernacolo.
Sinteticamente la storia degli sviluppi successivi della nostra chiesa parrocchiale:
- nel 1937 don Domenico, avvicendato al parroco don Attilio Betti, fece demolire il vecchio campanile ormai pericolante, costruendo una “cella campanaria provvisoria” sulla nuova chiesa.
- … (prima del 1940): pavimentazione piazzale.
- 1945: quadro della Regina Pacis e decorazione abside, con chiusura di 4 finestre (3 nell’abside e una sul lato destro).
- 1960: restauri (tinteggiatura, nuovi confessionali, e altare di San Giuseppe sulla navata destra) e dedicazione della chiesa (in origine era stata inaugurata e consacrata ma non intitolata).
- 1966: riscaldamento a termoventilatore.
- 1967: la chiesa diventa santuario “Regina Pacis”.
- 1970: rinnovamento del presbiterio, tabernacolo e battistero secondo i nuovi canoni derivanti dal Concilio.
- 1974: panche nuove.
- 1984-87: restauri (copertura, grondaie, marciapiedi, tinteggiatura), nuovo campanile con due nuove campane, sostituzione degli infissi con vetri decorati, organo elettronico GEM, nuovo impianto di illuminazione.
- e… in tempi recentissimi, nel periodo di don Stefano “Memo” Maltempi parroco (1998-2010): rinnovamento impianto di amplificazione, rinnovamento riscaldamento (ad irraggiamento), rinnovamento presbiterio (con recupero dei vecchi candelabri e di alcune parti del primo altare), rinnovamento battistero, e altro…
Le fasi di ammodernamento si approfondiranno in futuro. E certamente anche la storia della vecchia chiesetta, che, per quanto potesse essere piccola, semplice e mal messa, già solo per il fatto che era lì da secoli è un oggetto molto interessante! Chissà che non salti anche fuori una foto!? Magari fatta per sbaglio… sullo sfondo di qualcuno o qualcosa d’altro… Se la trovaste, ditecelo subito!!!
Allegato a questo articolo c’è la trascrizione degli articoli di giornale che parlano della costruzione della chiesa e che siamo riusciti a reperire. Per approfondire la cosa e divertirvi un po’ leggendo l’italiano dai toni arcaici ma soprattutto molto eroici dell’epoca cliccate al link seguente: ALLEGATO – COSTRUZIONE NUOVA CHIESA DI SAN MICHELE – RASSEGNA STAMPA (1925-1933).
Ho letto con curiosità e attenzione molte cose e continuerò’ a seguirvi.Sono un “oriundo” giunto a San Michele nel 1953 da S.Andrea di Suasa.Poi per molti anni ho studiato fuori ..collegio S. Arcangelo in Fano ecc. Alcuni racconti non mi sono famigliari come ad altri, ma catturano ugualmente il mio interesse. Nella foto dell’ inaugurazione della Chiesa ho riconosciuto mio padre Paci Giovanni ( il primo a sinistra) allora ventisettenne, mi ha fatto molto piacere. Grazie e complimenti per il vostro lavoro!
Ciao Piero. Ricordo in un giornaletto che curava anche Giuseppe Perangeli, alias Pepp d’ Bombon, c’era una foto della vecchia chiesa semisventrata, nella quale si intravvedevano delle cornici. Esse, attualmente, sono nella soffitta di casa parrocchiale. Avevo intenzione di posizionarle in chiesa…ma dato lo stile ad arco a tuttosesto pensavo che mal si adattassero ai vari sesto acuto del tempio. Certamente, qualche esperto, potrebbe rivalorizzarle. Tornando a noi: nella foto citata c’era in primo piano d. Atilio Betti e dei ragazzini. Basta chiedere a Pepp, il quale allora mi rivelò che era la foto della vecchia chiesa e mi pare che me la mostrò anche in una raccolta di foto che aveva in un album… memo