La guerra e il “passaggio del fronte” da un punto di vista particolare

Mein Kind, di Lucia Bruno, è un piccolo libro in cui si racconta la guerra dal punto di vista di una bambina, la cui famiglia, proveniente da Napoli, fu “sfollata”… a Mondavio! Oltre ad essere molto ben scritto, ha un fascino in più per chi quei luoghi li conosce, magari perché ci abita oggi…

La Guerra per antonomasia è per noi la seconda guerra mondiale. A quella sono riferiti una serie di termini che usiamo nel linguaggio parlato quotidiano. Ad esempio quando vogliamo collocare un oggetto o un avvenimento in un passato molto lontano, praticamente in un’altra era, diciamo che è dell’ “anteguerra”. Così come si usa il termine “dopoguerra” proprio per sottolineare come sia stato l’inizio di una nuova epoca, ben diversa dalla precedente. Sempre al medesimo conflitto sono collegati altri termini specifici, come il “passaggio del fronte” e gli “sfollati“.

1944 - un avviso del municipio di Pesaro per lo SFOLLAMENTO obbligatorio

Un avviso del Municipio di Pesaro che porta la data del 3/01/1944. Vengono indicati i comuni verso i quali la popolazione del capoluogo di provincia sarebbe dovuta sfollare in caso di sgombero forzato e urgente della fascia costiera.
C’è anche un elenco dei comuni vietati, tra i quali si trova Mondavio, che dunque era destinato ad altre città.
(Fonte: “La Madonna delle grazie – patrona di Pesaro” di Paolo M. Erthler)

Questi ultimi sono davvero drammatici in quanto racchiudono tutta la tragicità di quella guerra che, perlomeno per quanto riguarda l’Italia, coinvolse direttamente la totalità della popolazione, e non solo i giovani soldati mandati al fronte (come si era già osservato in questo articolo). Dapprima – quando ancora si combatteva a fianco della Germania nazista – l’Italia subì i bombardamenti da parte delle forze alleate. Tra gli obiettivi strategici non c’erano di certo paesini come Mondavio, ma piuttosto le città. E allora da quelle iniziarono a “sfollare” gli abitanti, che, in cerca di luoghi più sicuri e tranquilli, si spostavano verso le cittadine, poi i paesini, poi le campagne… E anche le nostre campagne ospitarono parecchi sfollati di varia provenienza: chi dalle città vicine, chi da altre più lontane; qualcuno era finito qui perché ci abitavano dei parenti, o perché Mondavio era tra i comuni consigliati per lo “sfollamento obbligatorio” (una sorta di evacuazione delle città della costa che poteva essere indetta in circostanze particolari), oppure per una serie di coincidenze abbastanza casuali…

A dare spessore alle sue parole, furono la certezza che Mondavio  fosse lontano da punti strategici e la possibilità di non patire troppo la fame. Discussero a lungo, loro, i grandi. Alla fine, fu deciso: sacrificando la vicinanza tra di noi.

Là quindi ci dirigemmo, col cuore incerto o fiducioso non so davvero, senza avvederci che in quell’andare di luogo in luogo tentavamo di sfuggire a un evento che comunque ci avrebbe raggiunti.

Poi l’8 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio.

Li feci di volata, quei gradini, allora, per raggiungere la mamma, giù nella sala, e darle!… darle la notizia appena ascoltata alla radio: «hanno firmato l’armistizio!. .. » urlai lungo le due rampe. E sembrava rincorressi la mia voce. Ebbi la certezza, nello spazio di un momento, che presto tutto sarebbe finito. Chissà dove indirizzai, per prima, la mia gioia: se alla casa di Napoli o verso il babbo a Torino.

La delusione del poi fu cocente.

Fu duro anche capire il nuovo ruolo delle Alleanze. Alleati nemici, nemici alleati… e  l’Italia spaccata in due.

Con l’armistizio l’Italia era diventata alleata delle nazioni contro le quali fino a un attimo prima stava combattendo a fianco della Germania. E di conseguenza era diventata improvvisamente un paese traditore dal punto di vista dei tedeschi. Così le forze naziste che si trovavano nella penisola da amiche erano diventate occupanti. E gli alleati dovevano liberare l’Italia dai tedeschi, con il fronte di guerra che progressivamente doveva pian piano salire da sud a nord fino a che le forze di Hitler fossero state del tutto scacciate. E inevitabilmente questo fronte sarebbe dovuto passare in ogni città, ogni paesino, ogni campagna, ogni porzione del territorio nazionale! Anche a Mondavio!

Anno scolastico 1943-44: registro della 5^ elementare di Mondavio

Anno scolastico 1943-44: il nome di Lucia Bruno, dal registro della classe (5^ elementare) che frequentò nell’anno di vita a Mondavio, compilato dal maestro Filippo Monti-Buzzetti, che poi fu il primo sindaco del dopoguerra.

Lucia Bruno nel 1943 aveva 10 anni. Proveniente da Napoli, lei, insieme alla mamma e alla sorellina, sfollarono a Mondavio in agosto, con il padre che le raggiungeva ogni tanto, quando poteva, dovendo lavorare a Torino. Oltre al disagio del viaggio e del trasferimento in un luogo così diverso da quello di partenza, per gli sfollati non era facile trovare l’accoglienza e la generosità degli abitanti del luogo, che certo vivevano meglio rispetto a chi abitasse nelle città sotto i bombardamenti, ma che d’altra parte pure sentivano la morsa della guerra con le ristrettezze economiche e alimentari, e perciò non gli avanzava molto da offrire…

Per la bellezza che li impregnava e per la pace che ci accolse, subito fraternizzammo con i luoghi, ma non trovammo molte vie per familiarizzare con i Mondaviesi a causa della loro ‘chiusura’, ma soprattutto per la gravità che marcò il volto di quegli Anni Quaranta. Pur vero che rimanemmo li per quindici mesi, tra il ’43 ed il ’44.

Tuttavia, qualche tassello d’amicizia pure s’innestò in quelle nostre difficili giornate, e furono ’perle’.

– – –

Raramente, girando per le campagne che vanno da Mondavio ad Orciano, riuscivamo a comperare qualcosa; i contadini del luogo difendevano le loro scorte e noi, gli ‘sfollati’, con le nostre esigenze che, certo, andavano a spezzare improvvisamente il loro equilibrio, non eravamo visti tanto di buon occhio. «Non fetene» era la risposta puntuale alla nostra richiesta di un uovo fresco: sembrava si fossero passata l’un l’altro la voce o che le galline, davvero, fossero ad un tratto diventate sterili. « Amen », diceva mia madre e tirava via.

Finché non ci imbattemmo in Zelinda, una contadina che, assieme al marito Luigi, viveva la sua condizione in perfetta tranquillità. […]

La famiglia Bruno abitò in varie case nel centro di Mondavio, nei complessivi 15 mesi di permanenza. La piccola Lucia ebbe modo di intessere rapporti con vari personaggi, che contribuirono a farla crescere e maturare molto velocemente, anche considerando la situazione dura e intensa che si trovava a vivere. Personaggi civili e militari

Di truppe tedesche, anche di SS, sulla provinciale che, da San Michele, passa per Mondavio e va verso Orciano, ne avevamo viste fin dall’ottobre-novembre del ’43. […]

E ce ne dovevano essere anche ‘di stanza’ in paese, se a Natale alla Messa di mezzanotte, la Chiesa, per metà almeno, era di tedeschi e se una ronda, puntualmente, a tarda sera, passava lungo le stradine e picchiava, insistente ed arrogante, ai bussarelli delle case per reclutare uomini. Ma che un loro Comando si installasse li e scegliesse proprio la casa delle ‘Signorine’, fu come un colpo alla schiena.

Trovandosi in casa il comando tedesco (nel luglio 1944), dopo un po’ si creò un rapporto particolare…

Liberi dalla rigidità dei ruoli, li, furono se stessi, apertamente. Attraverso noi, videro i loro figli, le mogli, le madri, le sorelle.

D’altra parte c’erano i pericoli, le paure… soprattutto quando iniziò ad avvicinarsi il fronte…

La situazione precipitò. Dal giardino di casa Ricci, vedemmo cadere bombe su San Michele. Fu allora che anche ad Orciano ne cadde una? Mi pare proprio di sì: colpì il cinema e, se non ci furono vittime, fu solo perché il locale funzionava esclusivamente di domenica.

Sottofondo alle nostre giornate era, ormai, il fragore delle cannonate inesorabilmente più vicino, più ampio, più frequente.

Da quella minaccia, io derivavo sempre la stessa reazione che m’accelerava il battito del cuore e, subito, coinvolgeva gambe e denti in un tremito incontrollabile.

Non ero sola ad avere paura: per ogni giorno che passava, si avvicinava fatalmente quello della conclusione i cui risvolti nessuno poteva prevedere, ma temere sì. E l’inquietudine maggiore veniva proprio dalla presenza di quel Comando là, nella casa. Daltronde, le stesse loro facce – tese in un crescendo che non ci sfuggiva – alimentavano la convinzione di essere in una trappola.

La piazza di Mondavio nel 1944

La piazza di Mondavio in una foto di Luigi Peroni, storico fotografo di Mondavio che in quell’epoca si era poi trasferito a Pesaro… ma che passò, come tanti altri, un periodo di sfollamento nel paese natìo. Dunque questo scatto è databile al 1944. C’è un particolare davvero interessante: si vede che il fascismo era caduto, perché ci sono dipinti una falce e un martello di fianco all’ingresso del chiostro. (Collezione De Santi)

Fino a che arrivò il momento della liberazione, il 20 agosto 1944. Ma…

Verso le sei, arrivarono sette-otto inglesi nella ‘grande casa’.

Sorridenti, un po’ tronfii in quel dirci: «liberi! liberi!…», s’introdussero, solleciti, negli ambienti e subito portarono un gran vociare che bruscamente ferì il silenzio nel quale eravamo rimasti per ore.

Un silenzio diverso da quello che aveva accompagnato gli ufficiali tedeschi nei loro preparativi. Grave quello e dominato dalla ragione, una sorta di geometria che non lasciava spazio a cedimenti e che aveva dato alla loro partenza un alone di solennità. Grave anche il nostro ma fragile perché, al contrario, noi avevamo lasciato che si spalancassero tutte le porte alle emozioni più recenti: […].

Vero, eravamo liberi, eppure non fummo felici in quell’ora. Non rammento alcun sorriso da parte nostra rivolto a quei soldati esultanti. Era palese, invece, un fastidio diffuso: lo sentivo in me e lo coglievo sul viso di ognuno di noi. Era quello il momento tanto atteso?

Dopo tutte queste citazioni tratte dal testo, facciamo un passo indietro, proprio all’inizio del libro, che dice:

Da un po’di tempo, c’era, in me, un transitar d’immagini e di emozioni che, sempre più insistente, mi riportava indietro – e direttamente – verso quel mio arco d’adolescenza vissuto a Mondavio, durante la guerra. Si sovrapponevano talora e si intersecavano talaltra brani di vita, in cui, colori, fisionomie e situazioni balenavano d’improvviso, taluni sostando, altri disperdendosi a seconda del vigore con cui la memoria li aveva serbati.

L’intesi, quel fluire, come un sentimento e non tardò a farsi strada il desiderio di non lasciare andar in ruggine anche i ricordi ancora salvi. Ritagliarli dalle zone d’ombra e fissarli in racconti, fu come assecondare l’andar di un fiume improvvisamente in piena. Inciampai in molti detriti appuntiti è vero ma avvertii l’odore dell‘acqua spumosa. E fu lusinga. Tanto che riandare lungo la realtà antica in tutto provvisoria eccetto che nell‘impronta riscoprire me, così acerba, a confronto con gli eventi, scavare e tirar fuori le emozioni, tentando, nero su bianco, ad un tratto non mi bastò più. Sembrò improvviso, ma certo mi si era maturato dentro via via che la penna scorreva rapida sui fogli seguendo la dettatura della memoria. Decisi di ritornare.

E proprio questo ritorno ha dato come frutto “Mein Kind”: un romanzo autobiografico dove si intrecciano le vicende vissute all’epoca e quelle vissute tanti anni dopo, respirando di nuovo l’aria mondaviese, ricercando i luoghi della memoria e le persone. C’è praticamente tutto un percorso di riscoperta, da cui riemergono i fatti vissuti, i quali vengono raccontati con grande ricchezza di dettagli – quasi come in una cronaca dell’epoca –, ma allo stesso tempo arricchiti dei risvolti psicologici: le emozioni, le paure, gli stati d’animo… sia provati personalmente che “letti” negli occhi degli altri! Non c’è poi solo Mondavio, perché lo sfollamento vide anche altre tappe, con vicende altrettanto toccanti.

La copertina di Mein Kind, di Lucia Bruno

La copertina di Mein Kind, di Lucia Bruno, edito nel 2001 da LER e stampato nella Scuola Tipo-Litografica «ISTITUTO ANSELMI» della Piccola Opera della Redenzione Marigliano (NA).
E’ possibile ancora oggi trovarne copie in vendita presso l’edicola in piazza a Mondavio!

Di certo un grande dono per le generazioni più giovani, che per fortuna non hanno avuto modo di vivere situazioni così drammatiche ma che è giusto che abbiano un’idea di cosa significhi. Un dono ancora più grande per chi conosce bene i luoghi dove si svolge il racconto e ha familiarità con i cognomi citati nel libro.

Lucia Bruno lo ha scritto nei primi anni novanta, inviandone copia anche all’Archivio Diaristico Nazionale, dove è conservato con il titolo “Ed il cerchio mi si chiude attorno”. Qualche anno dopo, nel 2001, è stato pubblicato da LER, cambiando il titolo in “Mein Kind (bambina-mia)“. Fu presentato anche a Mondavio (nel 2003, proprio 10 anni fa) e sicuramente c’è in molte delle nostre case. Scovatelo e leggetelo! Oppure rileggetelo… vale la pena di mantenere viva la memoria di questi fatti, visto che di guerre nel mondo ce ne sono di continuo, ma col fatto che sono lontane tendiamo a non dargli molto peso!

PER CHI NON LO AVESSE E FOSSE DESIDEROSO DI ACQUISTARLO E LEGGERLO, E’ POSSIBILE ANCORA OGGI TROVARNE DELLE COPIE A MONDAVIO, IN PIAZZA, PRESSO L’EDICOLA DI PATRIZIA FIORETTI.

Oppure ce n’è anche una copia nella biblioteca comunale, a San Michele.

– – –

Sono passati sessantanove anni da quel 20 agosto 1944. Il prossimo anno saranno 70 e questo è un numero molto importante per la ricerca storica, perché è il termine oltre il quale decade ogni vincolo di privacy e quindi tutti i documenti conservati dagli archivi pubblici diventano consultabili. Salterà fuori qualche segreto, di quella fase storica così complessa e drammatica!? Staremo a vedere… Nel nostro piccolo, siamo interessati a raccogliere documenti anche su questo tema, ovviamente sempre a livello locale: chiunque conservi qualcosa, è invitato a CONTATTARCI!

Ad esempio i diari… L’anno scorso abbiamo citato quello scritto durante il passaggio del fronte a San Michele da Oddo Pierfederici. E’ molto preciso, puntuale e interessante. Fu pubblicato nel 1992 nel libro “San Michele – immagini e vita 1940-1960”. CHIUNQUE VOLESSE RILEGGERLO LO TROVA TRASCRITTO QUI!

Piero

Fonti: ovviamente “Mein Kind (bambina-mia)” di Lucia Bruno edito da LER (le citazioni sono tratte, in ordine di “apparizione”, dalle pagine 18, 19, 43, 61, 76-77, 79, 83, 86, 7), ma anche Lucia Bruno stessa, che ho avuto modo di sentire telefonicamente e che mi ha inviato tra l’altro la fotocopia del registro di classe, donatale a suo tempo da Bruno Olivieri.
L’immagine dell’avviso sullo Sfollamento è tratta da “La Madonna delle grazie – patrona di Pesaro” di Paolo M. Erthler, Edizioni Servi di Maria – Pesaro – 2002 Stamperia Annesio Nobili, pag. 130.
La foto di Mondavio con il graffito di fianco all’ingresso del chiostro fa parte della collezione di negativi su lastre prodotti da Luigi Peroni e raccolti da Claudio De Santi. Si ringrazia la famiglia per la cortesia.
Ringrazio Adriano Monti-Buzzetti per avermi fornito il contatto di Lucia Bruno, e Luciano Peroni per alcune consulenze al volo…!
Cito nuovamente l’autrice, Lucia Bruno, per ringraziarla del grande dono che ha fatto… a tutta l’umanità, ma soprattutto a noi abitanti in comune di Mondavio, scrivendo questo preziosissimo scrigno di ricordi! I nostri nonni ci hanno raccontato tante volte cose anche più terribili, ma fissarle su carta in modo così suggestivo ed efficace non è da tutti!
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