I molini di Mondavio in un’antica mappa

Erano i primi di luglio del 2010; armato di una cartellina rigida e anonima mi recavo a Mondavio, presso l’ufficio dell’UNPLI, per parlare con Claudio De Santi – noto cittadino mondaviese, grande appassionato di storia e soprattutto di rievocazioni storiche – delle mie ricerche, e con l’intenzione di fargli vedere il prezioso contenuto. Avevo trovato infatti, in casa, questa antica ed enorme mappa dei molini del comune di Mondavio, che si riferisce all’epoca in cui vennero “enfituati” ai fratelli Spinaci, nel 1830. Siccome sia io che Claudio discendiamo dagli Spinaci, avevo pensato bene di portargli questo reperto, sia perché ero sicuro che lo avrebbe apprezzato, sia perché poteva essere l’occasione giusta per parlargli delle mie ricerche genealogiche, condividendo gli schemi a cui ero arrivato fino ad allora, e magari scoprendo qualcosa di più per riuscire a ramificare meglio il mio albero genealogico.

Come previsto, egli apprezzò tantissimo la mia visita ed i miei intenti. Rimanemmo che gli avrei mandato via email la versione digitalizzata, che probabilmente avrebbe inserito tra i documenti da pubblicare nel suo libro. Così feci… e così fece pure lui, tanto che, acquistato il libro, subito dopo la presentazione avvenuta nella sala del consiglio comunale il 6 agosto 2011, potei puntualmente trovarla, addirittura stampata in due diversi punti del volume.

Poi purtroppo Claudio fu sorpreso da un brutto male e gli eventi precipitarono molto velocemente, tanto che non feci in tempo né a scrivergli i miei commenti sul suo libro, né tantomeno a re-incontrarlo per parlare meglio dei miei altri progetti.

 Riportando di nuovo alla ribalta questo documento, proprio nell’articolo inaugurale di questa sezione, vorrei dunque ricordare Claudio e in qualche modo dedicargli questo sito. Non so se nei dialoghi e nelle email che ci scambiammo riuscii a fargli capire fino in fondo quale fosse il mio progetto. Probabilmente no, perché nemmeno io ce l’avevo ancora tutto chiaro. Di sicuro l’avrebbe apprezzato, anche per il fatto che era un po’ sanmichelese pure lui. Sono certo che, ora che si è finalmente concretizzato, Claudio lo gradirà da lassù…!

 – – – – –

 Nell’800 il paese di San Michele si può dire che ancora non esisteva. Ma ciò non significa che non ci fosse proprio nulla: nonostante certamente nel capoluogo si sarà respirata un’aria più salubre, c’erano varie famiglie di contadini che abitavano il “Piano”, il quale già un nome lo aveva, perché da secoli e secoli c’era una chiesetta intitolata proprio a San Michele.

La ricchezza di questa zona periferica del comune era il fiume. L’acqua è qualcosa di vitale ma è ancora più utile se la si ha a disposizione incanalata in un corso d’acqua. E il fiume Cesano all’epoca era sicuramente interessante sotto questo punto di vista. E così lungo la valle erano presenti numerosi molini che, sfruttando proprio la forza dell’acqua, consentivano di arrivare al principale prodotto delle fatiche nei campi: la farina!

Nel solo comune di Mondavio i molini erano 3: uno a San Michele, uno al Passo di Corinaldo e l’ultimo a San Filippo. Detti rispettivamente “Comunità”, “Comune” o “da cima”; “Capanne” o “d’ mezz'”; “Torre” o “da piedi”.

Tutti e tre generavano la forza motrice dall’acqua del Cesano, ma non si trovavano immediatamente a ridosso del fiume. Infatti era stato fatto un canale – il “Vallato” – che, pescando acqua, dal Cesano stesso e anche dai suoi due affluenti Rio Freddo e Rio Maggio, all’altezza all’incirca della Cirenaica, e portandola più verso il paese, la faceva correre attraverso questi tre molini, per poi riscaricarla di nuovo nel Cesano, poco dopo l’uscita dell’ultimo dei tre.

I molini e il vallato, così come la chiesetta, esistevano da secoli, quando nel 1830, all’epoca dello Stato Pontificio, la Reverenda Camera Apostolica li concesse in enfiteusi ai fratelli Giovanni, Girolamo e Sante Spinaci. Erano questi originari di Mondolfo, e mugnai di mestiere. L’enfiteusi è una sorta di affitto; in questo caso era un’enfiteusi “mascolina di terza generazione”. Cioè per tre generazioni i molini di Mondavio sarebbero dovuti essere rimasti in mano alle famiglie Spinaci; e così fu. Addirittura, al termine di quel contratto, gli Spinaci e gli altri eredi (la famiglia Pierfederici, per il ramo del primo fratello Giovanni) divennero proprietari a tutti gli effetti dei tre opifici.

Ma, senza dilungarci ulteriormente nei dettagli, passiamo a vedere questo documento… Si tratta, come già accennato, di una mappa che si riferisce proprio al 1830; è allegata alle carte dell’enfiteusi. Rappresenta in modo molto dettagliato il corso del Vallato. Tutto il resto è tralasciato, tranne il fiume e la strada limitatamente ad alcune porzioni chiave per orientarsi nella rappresentazione. Lungo il Vallato è indicata la posizione esatta dei tre molini, e a fianco di ognuno c’è il disegno in pianta del primo e secondo piano, con tanto di legenda delle stanze. Molto interessante anche l’indicazione dei proprietari di tutti i terreni confinanti al Vallato.

Guardando attentamente le piantine nei tre molini, si notano dettagli interessanti: si può pensare che tre impianti così simili e così vicini dovevano in qualche modo diversificare le loro specializzazioni per mantenere clienti. Forse all’epoca le leggi di mercato non erano proprio uguali alle nostre ma effettivamente si può leggere che il molino Capanne (o Cappanne, come scritto nella mappa) lavorava anche i semi di lino, cosa che non facevano gli altri due. E quello “da piedi” invece era dotato di un “Molino a Olio“.

Il Vallato, a circa metà del suo corso, si incrociava con un affluente del Cesano, il torrente “Fonte Boccale“. Nel dettaglio, questo accadeva poco più a valle della “vecchia casa di Vichi”, dopo che il Fonte Boccale ha raccolto anche le acque del Rio Pulcino. Senza alcuna opera studiata a questo scopo, il Vallato sarebbe inevitabilmente confluito in questo torrente e terminato nel fiume molto prima di raggiungere il secondo e il terzo molino che attendevano la sua acqua. E infatti qui c’era la cosiddetta “Canala“, cioè una sorta di ponte, che consentiva al Vallato di superare il Fonte Boccale senza finirci dentro! In questa mappa c’è un’indicazione dettagliata di questa costruzione, e l’appunto dice curiosamente che si tratta di un’opera “da farsi”. Dunque come aveva fatto il Vallato nei secoli precedenti a scorrere senza problemi?? Forse c’era già una cosa simile ma in questa epoca decisero di rifarla più solida? Forse il Fonte Boccale era più alto e poteva fungere da affluente? Forse il Vallato era spezzato in due? Questo è un piccolo mistero effettivamente… [*mistero risolto*, vedi nota a piè di pagina]. Qui sotto il dettaglio; l’ingegnere che ha redatto il disegno la chiama “la Canale”, ma nella memoria popolare, come già detto sopra, c’è “la Canala”.*

Il rudere della Canala: resta ancora qualcosa, seppur molto malandato e nascosto tra i rovi, di questa antica arcata! (foto del 2009)

Un ultimo curioso dettaglio riguarda le unità di misura. In calce al disegno ci sono tutte le scale ed è specificata anche la conversione in “Piedi Agrarj di Mondavio“. Eravamo ancora lontani dall’unificazione metrica, se addirittura anche Mondavio aveva i suoi “piedi”!!

La mappa è firmata da Emidio Gambini Ing[egne]re Geom[etr]a, di Jesi, che è lo stesso che ha sottoscritto la documentazione scritta a cui questa è allegata, e che porta la data del 29/12/1830. Si tratta di un documento tecnico di “Perizia, Inventario e Stima”, che segue l’atto vero e proprio dell’enfiteusi, rogato il 5/10/1830 in Roma dal notaio Francesco Romani, cancelliere e segretario della Reverenda Camera Apostolica.

Sfogliando le numerosissime pagine di tutti questi documenti (che magari in futuro pubblicheremo) si scoprono tanti altri dettagli interessanti. Se poi si prende in considerazione anche l’albero genealogico degli Spinaci, salta all’occhio una singolare coincidenza: dei tre fratelli fu il minore, Sante, a seguire tutte le pratiche, sottocrociando (e non sottoscrivendo, poiché era “illetterato”) ogni atto e perizia. L’enfiteusi divenne finalmente effettiva con il documento della presa di possesso del 7/07/1831, redatto a Mondavio, e precisamente proprio all’interno di ognuno dei tre molini, da Antonio Chiostergi, Capo Cursore Camerale. Dopo tutta questa fatica, i viaggi a Roma e tutto il resto, Sante sarà stato ben fiero del suo bottino… Purtroppo si può immaginare che non avrà avuto modo di godersi molto il suo successo: da quanto risulta dal libro dei defunti della parrocchia di Mondavio, morì nemmeno un mese dopo, il 6/08/1831, per malattia…

In chiusura riportiamo “le formalità volute negli Atti Possessori”, che il sig. Sante dovette espletare per la presa di possesso (dal documento del 7 luglio). Sembra una specie di rito, molto particolare!  “apperte e chiuse le porte dei Fabbricati, lasciate la macine, passeggiato e ripasseggiato dovunque, ed anche sulle Terre annesse, svolta della Terra con una Pala, e gettata all’aria, rotti dei ramoscelli d’Alberi” L’ultima fatica di Sante consistette proprio nel ripetere questo “spettacolino” in ognuno dei tre molini!!

La mappa è conservata nell’archivio Pierfederici, dalla gentile signora Ornella (che è anche mia nonna). Le sue dimensioni reali sono 75×150 cm. Per questo c’è stato bisogno di rivolgersi a un centro specializzato per digitalizzarla, ma è un costo che è valsa la pena di sostenere! Che dite?

E’ possibile vederne (e scaricarne) la versione ad alta risoluzione nella sezione Archivio.

Per ricostruire l’albero genealogico degli Spinaci è stato fondamentale l’aiuto di Roberto Piccioli e delle sue ricerche. A lui va un ringraziamento particolare.

Piero

* aggiornamento del 26/06/2012: il “mistero” della Canale “da farsi” viene facilmente risolto leggendo una parte della relazione tecnica dello stesso ing. Gambini, dove si dice che la Canale già esistente era di legno e “in pessimo stato, e non presenta la possibilità di restauro, e di manutenzione. Si riconosce perciò indispensabile di ricostruirla.”
E il consiglio è di ricostruirla non di legno ma come opera muraria, come da disegno, appunto!

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Una risposta a I molini di Mondavio in un’antica mappa

  1. Marco Dominici scrive:

    I MULINI DI SAN MICHELE
    pubblicata da Marco Dominici il giorno martedì 5 giugno 2012 alle ore 13.16

    Nel silenzioso, verde
    e pittoresco manto
    come per un incanto
    sommersa ora si perde

    solinga la Chiesetta
    dai Longobardi fatta,
    prima della disfatta,
    per San Michele eretta.

    La pia terra solatia
    con i suoi tre mulini
    che son a lei vicini
    vuol farle compagnia.

    Girano or le ruote
    che l ‘acqua del torrente
    lucente, trasparente
    perenne le percuote.

    Scende giù il villano
    con il suo carro a valle
    e carica le spalle
    del suo pesante grano

    e nella casa antica
    del suo mugnaio posa
    la merce sua preziosa,
    frutto di sua fatica.

    Riparton i buoi piano
    là nella stradina
    con la bianca farina,
    col pane quotidiano.

    Oh San Michele al Fiume
    ancora tu non c’eri,
    c’erano sol sentieri,
    di case sol barlume

    ma con il pane fresco,
    pane dei tuoi mulini
    portavi ai contadini
    la gioia sul lor desco.

    …………….

    QUARTINE con RIME ABBA
    …………….

    Marco Dominici

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